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2°Piano#Cura | #20 - Intervista a Riccardo Antonelli


INTERVISTA “2° PIANO #Cura” 2019

Chiacchierata “al volo” con Riccardo Antonelli

  • La tua ricerca metafisica, fatta di incontri, relazioni, conoscenza, porta in primo piano, non la semplice realtà dipinta, ma ciò che c’è dietro: un labirinto di emozioni, affetti, passioni. Ottieni risultati mai confusi, eppure le emozioni dovrebbero esserlo, al contrario, con un quasi maniacale ordine prestabilito, tutto trova il suo posto. Cos’è per te il caos e come organizzi la tua ricerca?

Il caos appartiene alla fase di gestazione del lavoro, ed è necessario per scavare e trovare le icone di un luogo o di una persona che hanno attirato la mia attenzione. Il disordine e l’abbandono sono essenziali per entrare in contatto con le intimità di un qualcosa, una condizione essenziale per restare aperti e percepire ogni piccola sfumatura e peculiarità di ciò che ci attrae. Passata questa fase cerco i cardini principali su cui costruire il lavoro, centrando pochi aspetti essenziali per poi tenermi la possibilità di aggiungere sfumature in corso d’opera. Il processo realizzativo è molto didascalico a livello visivo. Quello su cui mi concentro particolarmente è l’equilibrio compositivo, secondo l’approccio iniziale in cui concepisco l’opera.


  • Credi nel ruolo sociale dell’arte e dell’artista?

L’artista ha un ruolo sociale a prescindere dalla propria volontà. Si può avere un approccio mirato alla creazione di un contenuto condivisibile, oppure, come nel mio caso, il processo creativo è prettamente individualistico. Nel senso che mi limito a raccontare attraverso più linguaggi, le mie esperienze di vita, traumi, sofferenze ed emozioni in generale. Ma inevitabilmente chi viene in contatto con la mia opera, viene in contatto con il racconto di una esperienza di vita differente dalla sua, e, come accade per la letteratura, il cinema, il cantautorato e tutte le altre forme narrative, c’è una immedesimazione e quindi una piccola o grande contaminazione.


Riccardo Antonelli| Paesaggio fuori, acrilico su tela, "2°Piano#2", 2019

  • Cos’è per te la bellezza?

La bellezza credo possa essere tante cose. Riferito al nostro lavoro credo sia, per quanto mi riguarda, la capacità di creare dei microtraumi che incidono i strati della nostra memoria. Per me un esempio di bellezza è sintetizzato nell’opera che ha fortemente condizionato il mio percorso iniziale, ovvero “Ave Maria a Trasbordo” di Giovanni Segantini. Ognuno ha dei punti sensibili su cui le opere attecchiscono più o meno violentemente. I linguaggi e i contenuti dell’arte in generale possono arrivare ai nostri percettori emozionali in maniera variegata. Anche considerando che ogni individuo ha un canale sensoriale più sensibile, quindi per cui, dei i cinque sensi, abbiamo individualmente una linea preferenziale per comprendere e percepire in maniera più completa.


  • Possono, le esperienze di residenza artistica in piccoli centri di provincia, cambiare la percezione di un luogo da parte dei suoi abitanti? Come?

Credo sia un lavoro e un progetto a lungo termine per ogni territorio. È fondamentale e assolutamente un potenziale enorme per le piccole realtà avere la possibilità di ospitare creativi che riescano a dare un punto di vista oggettivo e imparziale della realtà in cui si vive. È assolutamente “terapeutico” per il tessuto sociale, e specialmente per i giovani, avere la consapevolezza degli aspetti del proprio luogo (percepiti da fonti esterne e quindi obiettive) che li culla, li condiziona e li forma, ma che spesso rimangono mimetizzati nella quotidianità, quindi impercettibili, siano essi aspetti da preservare, siano essi aspetti su cui intervenire per il bene comune e per l’evoluzione del territorio. Un po’ come succede in molte situazioni in cui si deve risolvere delle problematiche, il processo è spesso basato sulla stessa procedura: si interpella una figura esterna per avere una visione sana e incondizionata, come può essere quando andiamo da uno psicanalista.



 Riccardo Antonelli| Paesaggi fuori, grafite su carta, "2°Piano#2", 2019


  • Quando lo spirito serioso sparisce, il cielo si rischiara?

Sempre parlando attraverso il mio personale excursus, negli anni ho compreso che nei periodi di estrema tranquillità e in cui tutto sembra scorrere secondo i piani, l’esigenza creativa e terapeutica dell’arte viene meno. Sono sempre più convinto che la fase creativa sia strettamente legata a momenti della vita in cui si è in cerca di soluzioni e variabili che possano portarci oltre l’ostacolo. Quindi direi che quando il cielo si rischiara per quanto riguarda la quotidianità, lo considero un’arma a doppio taglio visto il fatto che può portare alla improduttività. Di conseguenza riparte uno stato emotivo di insofferenza per avere l’esigenza di trovare canali creativi per soccombere alle proprie battaglie interiori. Una condizione perenne che influisce emotivamente anche nei periodi migliori, con cui si cerca di convivere e di cui si è perennemente succubi.


  • Raccontaci la tua esperienza umana e poetica di “2° Piano Art Residence”

L'esperienza a Palagiano è stata formativa e intensa come tutte le passate residenze. In questo caso ho percepito un totale coinvolgimento emotivo e intimistico sia con lo staff che con gli artisti ospiti. Lavorare a stretto contatto con chi il territorio lo vive e lo conosce, è stato un valore aggiunto. L’interazione a livello umano e didattico ha favorito l’analisi della situazione socio-culturale del contesto Palagianese, permettendomi di carpirne aspetti e caratteristiche che non fanno parte del mio bagaglio culturale, quindi estremamente stimolante. L’interazione con il team di Z.N.S. e con gli altri artisti è stato fondamentale per analizzare in maniera obiettiva e intima gli aspetti che coinvolgono il tessuto sociale del luogo, attraverso il dibattito e il confronto, convergendo o meno su aspetti che caratterizzano la realtà della città pugliese. Fondamentale è la quotidiana convivenza, a 360 gradi, con gli ospiti e fondatori del progetto. Questo è la peculiarità che rende decisamente stimolante e formativo il progetto di Margherita Capodiferro e Cristiano Pallara, dove attraverso lo stesso, mi sono trovato catapultato in una nuova realtà, fatta di luoghi, profumi, ritmi e soprattutto persone che hanno arricchito il mio percorso artistico e umano.


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