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2°Piano#Cura | #12 - Intervista a Angelo Pacifico


INTERVISTA “2° PIANO #Cura” 2018

Chiacchierata “al volo” con Angelo Pacifico

  • Da una parte la realizzazione di opere pubbliche e collettive, senza tralasciare l'aspetto "formativo", dall'altra la tua personalissima produzione artistica. In ogni caso la cifra identitaria delle tue opere è l'utilizzo di tecniche miste e materiali di recupero che trasformano in evento la loro stessa creazione. Cosa significa creare un dispositivo in grado di attivare il pubblico trasformando il processo creativo in un luogo di dialogo, confronto e di relazione? "Reste il cane di Rocco" ha rispecchiato questa dinamica?

È arte relazionale... ognuno realizza un pezzetto dell'opera: si condivide il momento, si creano gruppi di lavoro, si dividono le capacità, si scambiano le competenze..., ci si stupisce insieme per il risultato. “Reste” è un cucciolotto appena adulto..., ha rispecchiato la dinamica dello spazio... Le persone che mi hanno aiutato sono parte integrante di quello spazio e si sono dedicate all'opera con attenzione e amicizia cosi come nella relazione con lo spazio di Via Murat..., accogliente e informale.

  • Bitume, inchiostri, colla, materiali poveri su piccole e grandi dimensioni. Esplori dimensioni oniriche, tra il fiabesco, l'illustrativo, in ogni caso accostamenti poetici dal figurativo all'astratto, senza dimenticare argomenti di interesse ambientale, in particolare I'ILVA, penso a "NONPERDONO". Vuoi raccontarci qualcosa di questo aspetto del tuo lavoro.

Si. Forse c'è, nel DNA di ogni tarantino, un pò di acciaio e un pò di paesaggi di mare al tramonto... e un pò di storie antiche. Vorrei che i miei quadri fossero come delle lastre di acciaio arrugginito, ma allo stesso tempo, vorrei fossero come dei vecchi muri di paese, dall'intonaco antico che nasconde altri colori e racconta di altri tempi... Credo sia l'insieme dei viaggi e di quello che ho vissuto... Il doc "NONPERDONO", resta un atto d'amore per questa piccola città di mare, così tanto bistrattata ma tenace.... e forse, ciò non è ancora compreso appieno dalla popolazione tarantina che pur avendo sotto gli occhi la bellezza del mare come risorsa, resta... molto restia al cambiamento..., ancorata a questa immagine industriale che ha dato solo un abbaglio di ricchezza in cambio di veleno.

  • Sei un girovago. Ti piace viaggiare e sperimentare nuove forme di convivenza. Qual è il viaggio che ti ha segnato di più dal punto di vista artistico e perchè? E... cosa stai cercando?

Il Guatemala..., la semplicità della gente, i colori..., il tempo e la natura. Questo cerco..., un posto dove "fare” non sia un modo per riempire spazi..., ma sia sempre l'inizio di nuove scoperte. Cerco di vivere la mia vita cosi: aprire la porta e vedere davanti agli occhi ciò che mi piace..., quando possibile. Altrimenti trovare il bello e afferrare la vita di ogni posto in cui si passa del tempo.

Angelo Pacifico| The bads seeds, tecnica mista, 90x90cm, "2°Piano#1", 2018

  • In base alla tua esperienza lontano dalla Puglia. Pensi che "operare" nella nostra regione sia necessario, auspicabile o impossibile?

Nella nostra regione c'è spazio, tempo e stimoli per farne un esempio di creatività. E' una fucina di arte... Ma la cultura ha lasciato molto spazio ad altro ..., ahimè. Pian piano, sta tornando nella gente la voglia di fare e sapere oltre che di vedere, da pubblico... Si è necessario..., anche se a volte sembra impossibile...

  • Obiettivo di “2° Piano Art Residence" è l'arte del dialogo, un'arte dell'interazione... come è stata la tua esperienza?

E' stata tutto questo..., senza fronzoli..., in maniera molto genuina..., come essere stato da amici e tra tutto .. alla fine..., l'opera... E torni a casa con numeri di tel. e rivedi le persone che hanno condiviso cene birrette e pomeriggi ..., e hai conosciuto un posto..., attraverso la gente. Riflettevo sul fatto che diverse opere delle residenze di "2°Piano"..., sono sulle persone..., perchè Palagiano, come Taranto, credo sia stata travolta dall'ondata industriale... Ma è un paese..., e vuole tornare ad esserlo... e li succede ancora quello che è giusto e bello che succeda in un paese..., che la gente ti racconta le storie, che si passa serate su un gradino e non ti manca niente...

  • Obiettivo di “2° Piano Art Residence” è l’arte del dialogo, un'arte dell’interazione… come è stata la Tua esperienza?

Per quanto riguarda gli aspetti più personali dell’esperienza di residenza, mi piace ricordare questo mio pensiero a proposito: “Casa è dove dormi sonni tranquilli. Amici sono coloro che ti fanno ridere ed emozionare. Paese è il luogo dove non ti senti mai estraneo”. L’esperienza a Palagiano è stata estremamente positiva, intensa e densa soprattutto. Nelle due settimane di residenza si sono condensate così tante emozioni da aver dilatato il tempo, ma senza esagerare, quel tanto che basta a farti sentire come in una famiglia allargata, tra amici che conosci almeno dalla prima elementare ed infine parte di un luogo, se non dalla nascita, almeno da tre quarti della tua vita. Quel tanto che basta, senza entrare nella routine, mantenendo la capacità di osservare in modo analitico, dall’interno e allo stesso tempo dall’esterno, quel determinato contesto. È proprio in questo essere/non essere del luogo che scatta l’interazione, il dialogo. Anzi, il dialogo è estremamente favorito da questa condizione. Solo nella pratica della residenza un artista può trovare questo dialogo. In questa interazione tra abitante e artista capita che il primo racconti al secondo aspetti, pregi e difetti del luogo stesso. La sommatoria delle interazioni tra il susseguirsi dei vari interlocutori e l’artista consegna a quest’ultimo una memoria, una conoscenza e coscienza tale del luogo che talvolta va oltre quella di un qualsiasi abitante e supera lungamente anche la conoscenza del luogo di provenienza, di “appartenenza” dell’artista stesso. “A c'appart'in?” (si dice, si scrive così?) è la domanda che mi hanno fatto, che ha spezzato il silenzio a Palagiano, così come nelle varie esperienze di residenza, intercalata nei vari dialetti. Per me non potrebbe esserci domanda più gradita e appropriata, perché significa che in qualche modo la mia presenza durante la residenza è stata notata, ma significa anche che non mi sono mossa in un modo completamente avulso dal contesto durante le mie ricerche. “A chi appartieni? – di chi sei?” e non “da dove vieni?” oppure “sei di qui?” o “abiti qui?”, perché l’interlocutore dà già per scontato che hai un legame che ti ha portato in quel luogo. Non importa se quel legame non è un legame di sangue, di parentela, ormai il dialogo è avviato.

  • Hai suggerimenti per aiutarci a migliorare?

Non ho suggerimenti per aiutarvi a migliorare perché in realtà in voi non c’è niente da migliorare. Ma ho un augurio: vi auguro di crescere senza tradirvi, senza smentirvi, restando voi stessi, di condividere, di connettere e di fare rete sul territorio e oltre con altre esperienze simili. Confesso che in questo momento storico, particolarmente drammatico, sento profondamente l’azione sociale del fare arte soprattutto nel contesto della residenza. La strada che avete (abbiamo scelto) non è facile (lo sappiamo bene) perché il contesto stesso delle piccole e medie comunità non è facile. Al tempo stesso è proprio questo contesto che ci sprona e che ci chiede, anche se a bassa voce, un confronto, un supporto. Mi riferisco alla curiosità con cui si avvicinano allo spazio i ragazzi, che hanno voglia di raccontarsi in un altro modo, con altre parole, che hanno anche voglia di avere un’altra possibilità, un’altra prospettiva. Penso all’entusiasmo dei bambini, alle speranze delle mamme. Penso anche all’ostruzionismo da parte di altre entità sul territorio, che per paura di mettersi sinceramente in gioco, si chiudono. In tutto questo, c’è assolutamente bisogno dell’azione dell’arte e degli artisti.

Grazie per le tue risposte

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